Cosa fai in casa di sera? Vedi un film? Ascolti un po’ di musica? Suoni? Canti? Fai ginnastica? Mediti? Beh, stasera do un’occhiata ai social e continuo a farmi la stessa domanda: perchè?
Da tanto tempo (forse da sempre) leggo di notizie di cronaca da non crederci su guerre, attentati, omicidi, mafie, sulla povertà, sull’odio perchè si è di un partito diverso, di una religione diversa o in altro modo diversi.
Il gioco
La vita è un uragano che ci strappa le vele
Negrita, Il gioco (2015)
Un’autostrada in fiamme con curve di miele
È una tempesta è un tuffo dentro a un cerchio di fuoco
La vita è un gioco, la vita è un gioco da eroi
Ogni volta rimango incredulo e penso che forse abbiamo travisato quello che è un grande gioco di ruolo, il più grande gioco di ruolo: la vita. Ognuni di noi è un personaggio, ha una storia, una “energia”, intesa come la salute e la stessa voglia di vivere.
La grande abilità che ha avuto chi ha vissuto questa grande avventura prima di noi è stata quella di creare “l’ovatta” (cit. R.Rossi), cioè tutte quelle cose che rendono la vita bellissima, come la possibilità di curare le malattie, e che ci danno la possibilità di fare ciò che ci pare quando ci pare e di essere felici.
Allo stesso tempo per debolezza o non so cosa i nostri antenati non sono stati in grado, e forse non lo siamo nemmeno noi, di guardare il tutto dall’esterno, come se non fossimo soggetti al delirio collettivo, come se non avessimo mai nulla nè da perdere, nè da guadagnare (molto belle le interviste rilasciate da Luca Parmitano al rientro dalla ISS).
Che motivo c’è di odiare i poveri? Di odiare chi è di un’altra religione? Di fare un attentato? Di lasciar morire la gente in mare su un barcone? Di prendersela per ogni cosa (anche i terremoti) con personaggi di turno che hanno come unica colpa la sovraesposizione mediatica (vedi libreazione di Silvia Romano e polemiche annesse).
Ci sono troppe cose che non sappiamo per prendercela con persone di cui a malapena conosciamo il nome.
Cosa avranno mai fatto di male?
Penso che dobbiamo quanto prima ritrovare la bussola, perchè ci muoviamo in un mondo su cui ormai tante decisioni le prendiamo noi esseri umani, e continuiamo a prenderele contro noi stessi. E’ colpa del denaro? Del lavoro? Delle idee? Forse stiamo continuando a pensare al nostro giardino, un giardino troppo piccolo per poter vivere in un mondo globalizzato.
Come i bambini
E allora “facciamo che io ero”, come da bimbi, quando decidevamo che le cose potevano andare diversamente, riuscivamo a cambiare ruolo e a cambiare il gioco.
La specie umana ha creato questa società enorme che occupa l’intero pianeta ma siamo rimasti schiavi di strutture non equilibrate come i gli stati, associati a territori con tanto di confini e l’economia.
Il risultato? Ed è bastato un virus per seminare povertà e disperazione, per far pensare a molti che è meglio morire che chiudere i negozi, che abbiamo già troppi problemi noi (ma poi noi chi?) per pensare a chi non ha nulla e viene in Italia a cercare fortuna.
La verità è che siamo ancora tutti bambini, facciamo i capricci, vogliamo cose e persone per noi, vogliamo attenzioni.
E ora?
Cominciamo da noi stessi a creare un mondo libero, ma libero dalla tendenza ad autodistruggersi della specie umana, un mondo in cui ognuno possa mantenere le proprie abitudini senza essere aggredito, in cui nessuno abbia necessità di fare un attentato, di suicidarsi, di disperarsi per via di altri uomini.
Leviamoci dalla testa il “noi” e “loro”, perchè creare fazioni non ha senso, ci sono interessi comuni, su quelli si lavora insieme.
Perchè?
Perchè il giardino sarà amche grande ma è solo uno, ed è di tutti.